Musei e mostre: Matera2019 è sinonimo di Bellezza
Ebbene sì: a Matera poi ci sono stata e, come immaginavo, è stata una giornata molto molto bella.
Ero da sola: molti si stupiscono quando racconto che faccio queste cose da sola con una certa frequenza; visito da sola, vado a teatro da sola. Mi piace: posso dedicare ogni energia solo a me, a ciò che mi interessa; e poi i miei ritmi sono serrati, non è facile per nessuno starmi dietro 😊
Come avevo anticipato nello scorso post, domenica a Matera avevo con me un taccuino; e di pagine ne ho scritte un bel po’, durante le pause, seduta per scale di palazzi, o nelle hall di musei.
E’ stata la mia giornata; ero dove volevo essere, nella mia dimensione esatta. Intorno tutto mi parlava di qualcosa. Fosse stato per me non sarei mai andata via.
Vi riporto uno stralcio di appunti dal taccuino, qualcosa che ho scritto mentre mi guardavo intorno, seduta sulle scale accanto alla mia adorata Università…e mentre il caldo mi sfiniva.
“In questo momento, in Piazza San Giovanni Battista, un venticello leggero mi accarezza le guance. E mi dà sollievo in questa incredibile calura di giugno. Quest’anno l’estate ha voluto irrompere all’improvviso, senza farsi preannunciare.
Tutto dovrebbe essere sempre come adesso: calma, pace, sole. Gente che passeggia e curiosa.
E Matera, coi suoi mille rivoli e il suo abbraccio, si presta a tutto questo. Mi sembra il centro del mondo, in questo momento.
Mi sembra che tutto debba confluire qui, doverosamente. Le persone, l’Arte, la Storia, la Filosofia.
Fa caldo ma non vorrei mai andare via. Vorrei vivere di questo.”
Nonostante le strade piene di gente, i musei e le mostre non erano affollati: tutt’altro.
Diciamo che in questo caso ha prevalso la gioia di avere le sale tutte per me, regina nel mio regno, piuttosto che gli interrogativi sulla comunicazione col pubblico.
Ho cominciato con una delle ragioni principali della mia gita a Matera: “Rinascimento visto da Sud” a Palazzo Lanfranchi.
Inutile dirlo: una mostra molto molto bella ed anche molto ben allestita, secondo me. Il percorso di visita è strutturato in maniera intuitiva e chiara, le opere esposte sono valorizzate (dalla posizione e dall’illuminazione); non c’è il sovraffollamento, tipico di tante mostre, che affatica anche il visitatore più appassionato.
Per non parlare del fatto che, ad un certo punto, mi sono affacciata per caso ad una finestrella e ci ho scovato una vista mozzafiato sui Sassi 😉
Le opere giunte a Matera per questa mostra sono tante, quasi 200, e provengono dai più importanti musei italiani: Capodimonte, Uffizi, Bargello, per citarne alcuni.
E vi trovate Donatello, Antonello da Messina, Raffaello, Mantegna, Colantonio, Giovanni Bellini, Benedetto da Maiano, il lucanissimo Altobello Persio e tanti tanti altri.
Vi trovate cartografie, monete, accanto a pittura e scultura. Una mostra che racconta il Rinascimento dalla prospettiva del Mediterraneo, e quindi l’Italia meridionale, la Spagna, il Nordafrica. Un Rinascimento che certamente recepisce i dettami provenienti da Roma e Firenze ma che li riadatta alla propria tradizione. Un dialogo tra Culture, un viaggio imperdibile. Qui trovate altre info.
La seconda tappa della mia giornata è stata M.E.M.O.R.I., in Santa Maria de Armenis (Sasso Caveoso).
M.E.M.O.R.I. sta per “Museo Euro Mediterraneo dell’Oggetto Rifiutato”; è qualcosa di davvero molto particolare, che sono abbastanza sicura non avrà incontrato il gusto di molti. Banalmente perché, per quello che è il mio punto di vista, non ha molto di artistico nel senso canonico del termine. Anzi, non ha nulla.
Subito dopo essere uscita da lì, ho definito M.E.M.O.R.I. sul taccuino come una mostra “concettuale/emozionale/riflessiva”. E lasciate che vi spieghi i tre aggettivi.
“Concettuale”: è tutta di concetto, di effetti. Si tratta di una mostra itinerante che espone frammenti, tracce, scarti di lavorazione raccolti in 5 città mediterranee (Genova, Marsiglia, Malaga, Tunisi e Tétouan) e in 5 città lucane (Bernalda, Venosa, Matera, Muro Lucano e Potenza). Vi trovate fili, sabbia, conchiglie, rametti secchi, cartoline. E occorre andare ben oltre il significante per cogliere il significato. Cioè quello che vi si vuole mostrare non è l’oggetto il sé, ma un “viaggio della mano”, ovvero tutto ciò che una mano può toccare, modellare, sfiorare e lo fa in rapporto al viaggio, allo scambio. In un Mediterraneo che non è più un mare che separa ma strada che unisce.
“Emozionale”: obiettivamente, entrare in sintonia col significato di quanto esposto non lascia indifferenti; gli oggetti di scarto parlano di ricordi, di storie, di passato condiviso. Di circostanze che sono comuni dovunque.
Infine “riflessiva” perché la riflessione è l’obiettivo ultimo dell’esposizione: riflessione sull’uomo e sui suoi rapporti, sull’evoluzione delle culture intorno al Grande Mare.
M.E.M.O.R.I. si articola in 6 “settori”: un Anarchivio e 5 stanze.
Andateci anche perché vi troverete delle ragazze davvero in gamba ad accogliervi, preparate e gentili. Sì, anche a questo ho fatto caso: molto spesso il visitatore è un po’ abbandonato a se stesso, senza informazioni, senza assistenza. Qui invece sono stata accolta, ascoltata e accompagnata. Mi sono sentita una parte dell’esperienza di M.E.M.O.R.I.
Terza tappa della giornata: Ars Excavandi presso il Museo Ridola. Questa è una mostra che avevo già visto alcuni mesi fa, ma che mi ero riproposta di ri-visitare.
“Può un ambiente ipogeo millenario darci informazioni su come costruire le città del futuro, o addirittura su come affrontare la vita su un altro pianeta?”
Il taccuino mi dice che Ars Excavandi è concettuale/ostica. Eh sì, ostica davvero. Proprio non per tutti. O meglio: diciamo che, come tutte le buone mostre, si presta a più livelli di comprensione: è accessibile persino ai bambini se la si guarda sul piano del puro allestimento; tanta multimedialità, tanti colori e suoni, un’esperienza del tutto immersiva e totalizzante. Il gaming a sancire il punto di contatto col visitatore.
Ma…la comprensione del senso profondo della mostra è ostica. Io stessa sono certa di non averne compreso tutte le sfaccettature, nonostante le due visite e nonostante una certa dimestichezza col settore; è ostica perché presuppone un sostrato culturale molto solido, molto vasto e molto filosofico. Nonostante ciò, la sensazione che rimane, una volta usciti, è di Bellezza e di Stupore.
Ci sono, però, a mio avviso dei dettagli da correggere, dal punto di vista della fruizione: nell’ambito del Museo Ridola, il percorso di Ars Excavandi non è chiarissimo per il visitatore che si trovasse lì per la prima volta. Tant’è che ho visto molti, ma molti, avventori immettersi nel percorso espositivo dall’uscita, perdendo così l’intero senso della mostra nonché la possibilità di usufruire dell’esperienza di gaming.
Avrei, inoltre, previsto degli approfondimenti guidati per chi fosse stato interessato ad alcuni aspetti. Aspetti che, sono certa, risulterebbero ancora più affascinanti se penetrati in maniera più completa.
Un’ultima criticità: faceva davvero molto molto caldo. Mi rendo conto che questo sia un aspetto che esula completamente dal contesto della mostra, ma purtroppo un ambiente non confortevole non aiuta l’esperienza del visitatore. E ormai la moderna museologia è concorde nel ritenere che il ruolo del museo non sia più solo quello di conservare ed esporre ma quello di creare la migliore esperienza possibile di fruizione per il visitatore.
In conclusione penso si tratti di una mostra con un enorme potenziale, assolutamente da non perdere sebbene con alcuni aspetti da correggere. I musei tradizionali sono vuoti perché l’esposizione asettica non stimola i sensi del visitatore; una mostra come questa, invece, coinvolge e incuriosisce.
Quarta ed ultima tappa, “La poetica dei numeri primi” presso Palazzo Acito. Questa mostra si divide tra Matera e Metaponto. E penso che la parte più interessante sia proprio quella di Metaponto, che però non ho visto.
Onestamente, questa è stata la mostra che mi è piaciuta di meno, tra quelle viste durante questa giornata. Un po’ per l’allestimento, un po’ per il tema, un po’ per il genere di opere esposte, un po’ anche -ammetto- per l’assenza di assistenza al visitatore; insomma, non mi ha entusiasmata.
Probabilmente sarò una voce fuori dal coro, ma penso di ragionare con una buona dose di cognizione di causa, dato che visito mostre e musei da quando ero solo una bambina e dato che ho studiato Storia dell’Arte e museologia tantissimo. Io credo che l’esperienza del visitatore debba essere molto molto diversa da com’è oggi in queste mostre. Da visitatrice, in una mostra come quella a Palazzo Acito, avrei voluto essere accolta, guidata, presa per mano ed accompagnata in un viaggio. Che peraltro da sola non sono stata in grado di fare perché certe cose vanno necessariamente raccontate e spiegate, non se ne può proprio fare a meno. In un museo, ad una mostra, il centro dell’attenzione è il visitatore, non più l’opera. Ritenere di dover allineare una serie di manufatti su una parete e di aver così adempiuto al proprio dovere è una visione vecchia di 60 anni, almeno.
La giornata si è conclusa così; interessante, piena, felice. Ero indecisa sul come pubblicare questo post, se intero o a spezzoni. Alla fine ho optato per pubblicarlo tutto perché potesse essere il più utile possibile a chi volesse trascorrere una giornata di questo tipo a Matera e anche a chi volesse, tutte insieme, info sulle mostre.
Per qualsiasi tipo di confronto o chiacchierata rispetto a queste mostre, scrivetemi pure 😊