L’eredità di Caravaggio, a Lecce
Devo dire che la ripresa culturale post-chiusure, in Italia, è stata molto buona. Già da inizio estate, in molte regioni, le mostre inaugurate sono state numerose e tutte interessanti, stando ai feedback che leggo.
La Puglia non è stata da meno, sebbene -ormai siamo abituati- sia fuori dai grandi circuiti espositivi; è, questo, un problema annoso dell’Italia meridionale, fatta eccezione – in qualche modo- per Napoli. Ma non è questa la sede né il momento per affrontare la questione.
Piuttosto oggi vorrei rendervi edotti del fatto che, nel cuore di Lecce, c’è una mostra che è una piccola perla. E vi consiglierei di non perderla, specie se siete degli appassionati o degli addetti ai lavori.
Dopo Modigliani a Mesagne, cambiamo completamente periodo e facciamo un salto indietro fino al 1600 e fino ad una folta schiera di caravaggeschi, in questo caso tutti provenienti da collezioni private.
Guardare una mostra di caravaggeschi significa realizzare pienamente quale fu la portata dell’avvento del Merisi in tutta Europa: la sua presenza a Roma fu contemporanea a quella di tanti altri artisti italiani e stranieri, alcuni dei quali divennero dei veri e propri seguaci, altri ne subirono l’influenza quasi inconsapevolmente.
Sta di fatto che, da quel momento, possiamo trovare tracce di contatto con Caravaggio in Italia meridionale, in Francia, nelle Fiandre e non solo.
E, dicevo, la mostra di Lecce è una piccola perla perché, quasi senza aspettarvelo, vi troverete al cospetto di Orazio Gentileschi, per citare un nome noto al grande pubblico, ma anche al cospetto di Battistello Caracciolo, Simon Vouet, Gerrit Van Honthorst, Antiveduto Gramatica per citare invece nomi più noti agli addetti ai lavori.
Opere, tutte, di altissimo livello. Una qualità molto molto alta, di un caravaggismo in alcuni casi fedelissimo, in altri brillantemente reinterpretato.
Devo, però, individuare un paio di criticità. Me lo si consenta da visitatrice, da appassionata ed anche, devo dirlo, da addetta: l’allestimento e l’accoglienza.
Luci e pannelli esplicativi, così come io li ho visti, non aiutano l’esperienza di visita. Per esempio, probabilmente, fogli A4, con scrittura così minuta e attaccati al muro a 5 centimetri di altezza dal pavimento, non inducono il fruitore a leggere.
Anche visite guidate potrebbero essere utili. In rete mi è sembrato di leggere ne siano previste, ma di fatto, lì, non ne ho trovato traccia scritta da nessuna parte né mi è stato proposto in nessun modo.
Ecco, questi sono piccoli accorgimenti che – sono certa- migliorerebbero l’esperienza di visita e certamente attrarrebbero un maggior numero di interessati.
Mi rendo perfettamente conto che l’iniziativa in questo è privata, con tutti i limiti che ne derivano; tuttavia -probabilmente- non sarebbe difficile provare ad apportare qualche piccolo correttivo.
In ogni caso la mostra merita assolutamente di essere visitata; potete farlo fino al 12 settembre presso la Chiesa di San Sebastiano, Vico dei Sotterranei, proprio dietro il Duomo.
Mi piacerebbe conoscere vostri pareri in merito. Alla prossima!