La geografia delle grandi mostre in Italia: qualche riflessione
Autunno di grandi riprese (di grandiose riprese, sarebbe meglio dire) per il settore delle mostre e delle esposizioni; dopo un anno e mezzo di stallo, sebbene le fruttuose esperienze online non ci abbiano completamente allontanato dall’Arte, il mondo della Cultura e dei Musei è tornato a splendere. Lo avevo già detto in precedenza ed effettivamente se ne trova conferma giorno dopo giorno, nelle ultime settimane.
A chi segue il settore, a chi né è appassionato, non saranno sfuggiti i grandissimi nomi in mostra in questo autunno 2021: Monet, Klimt, Boldini, Koons, Hirst solo per citarne alcuni. Davvero ce n’è per tutti i gusti, il pubblico può ritenersi ampiamente soddisfatto dalle possibilità di scelta.
Inviterei a soffermare un attimo l’attenzione sulle città nelle quali le mostre sono ospitate: a Milano Monet e Cattelan; a Roma Klimt, l’Inferno di Dante e Hirst; a Firenze Koons; a Bologna Boldini; vicino a Parma Mirò; a Genova Escher. A Napoli, da fine novembre, Bruegel.
Come si evince, su 10 mostre, 9 si collocano in zona centro-settentrionale. Solo uno, tra questi importanti eventi, si trova al Sud.
9 a 1 è un dato veramente eclatante; è evidente che, per esempio, vivere in Emilia Romagna mette un utente potenzialmente interessato a tutte le mostre nelle condizioni di arrivare dovunque in breve tempo. Possibilità negata ad un utente pugliese, calabrese, lucano.
Ci sono due questioni che riguardano il Sud: una è che le mostre (che pure ci sono) risultano molto meno “attrattive” per il grande pubblico, riguardando esse ambiti o artisti di nicchia o minori; dall’altra, ed è un dato di fatto, sussiste una scarsa capacità di parlarne, di raccontarne, di diffonderne la notizia.
E non è una situazione nuova: molto molto raramente mostre importanti arrivano a sud di Roma, da che -personalmente- ho memoria e seguo la questione.
La domanda è semplicemente una: perché?
Mancanza di strutture o infrastrutture? Direi di no. Bari, per esempio, che è la città in cui vivo, dispone di moltissimi spazi all’uopo utili; logisticamente, Bari non è meno raggiungibile di Genova o di un paesino vicino Parma.
Vedete, è molto molto frustrante, per chi si occupa di questo settore o ne è appassionato, leggere notizie di nomi importantissimi in mostra e sapere già in partenza che si dovranno percorrere -come minimo- 500 km per raggiungerne la sede.
Accade che la visita di queste mostre viene preclusa. Non può che essere così. Accade che, in questo momento, per esempio, 9 mostre su 10 sono precluse al pubblico meridionale salvo importanti investimenti in viaggi e alloggi. Capirete che per la maggior parte degli utenti questo vuol dire rinunciare in partenza. Ma dover rinunciare a 9 mostre su 10 non è un caso, bensì -io direi- una discriminazione culturale.
Ricordo che il diritto di accesso e partecipazione alla vita culturale è sancito dall’art. 27 della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo delle Nazioni Unite del 1948. L’articolo recita: “Ogni individuo ha il diritto di partecipare liberamente alla vita culturale della comunità, di godere delle arti e di condividere il progresso scientifico e i suoi benefici.”
La questione è confermata dal Patto Internazionale sui diritti economici, sociali e culturali del Consiglio d’Europa del 1966 che, all’articolo 15, recita: “Gli Stati parte del presente Patto riconoscono il diritto di ciascuno di partecipare alla vita culturale”.
Ebbene, le barriere geografiche che sempre intervengono, negano questo diritto ad una corposa fetta di cittadini italiani.
Grazie se vorrete avviare un confronto ed aiutarmi a capire le ragioni di quanto avviene nel settore delle grandi mostre in Italia.