Francesco Netti: la grande delusione di Conversano

Francesco Netti: la grande delusione di Conversano

25 Giugno 2022 4 Di studiolobarese

L’impatto emotivo e il significato di questo post saranno percepiti fino in fondo solo da una ristrettissima fetta di miei lettori. Questo lo voglio dire in apertura perché, lo so, non si tratta affatto di un argomento mainstream però mi sta a cuore e voglio parlarne.

L’identikit del lettore di cui sopra consta di due caratteristiche, sostanzialmente: è di Santeramo in Colle (Bari), conosce le vicende di Francesco Netti.

Riassumo brevemente affinché tutti possiate avere un (seppur sintetico) quadro di partenza comune per poter comprendere il resto.

Francesco Netti, importante pittore del secondo ‘800, nativo di Santeramo in Colle, nella cittadina pugliese nasce e trascorre l’infanzia per poi trasferirsi a Napoli, dove compie la sua formazione artistica. Viaggia per l’Europa, entra in contatto con importantissimi contemporanei, specie in Francia. Muore a Santeramo nel 1894.

La sua produzione pittorica è varia e vasta. Molte sono le tematiche trattate, alcune delle quali anche relative al paese natio. Di questa vasta produzione nulla si trova a Santeramo per la fruizione pubblica; le poche opere che nel comune murgiano sono rimaste si trovano in collezioni private.

Sue opere si trovano in molti musei italiani, a Bari, a Venezia, a Roma, a Firenze. Un ampio corpus si trova a Napoli, per ovvie vicende di vita dell’autore.

Un altro importante corpus, per ragioni ereditarie, si trova a Conversano, altro comune dell’entroterra barese. Brevemente: alla morte di Francesco Netti, le opere in quel momento in suo possesso andarono in eredità alla sorella Rosa Netti, non avendo il pittore avuto figli. Rosa aveva sposato tale Antonino Pio Accolti Gil di Conversano e così tutte le opere finirono nella collezione privata della famiglia Accolti Gil per oltre un secolo; fino a quando Rosa Maria Pozzi, vedova di Nicola Accolti Gil Vitale, decise di donare la collezione al Comune di Conversano affinché fosse resa fruibile al pubblico. E così, dal 2007, la collezione è visitabile nel Castello di Conversano, che afferisce al Polo Museale Conversanese.

Il quadro preliminare è ora completo.

Personalmente, pur vivendo a pochi kilometri da Conversano, non avevo mai avuto modo di vedere Francesco Netti lì dal vivo. Vivendo a Bari, ho invece visitato numerosissime volte la Pinacoteca della Città Metropolitana e conosco a menadito il corpus di opere di Netti lì conservato.

Avevo grandi aspettative su Conversano. Mi sono sempre sentita in un certo qual modo grata alla città per aver generosamente e gelosamente custodito qualcosa di così prezioso per Santeramo. In fondo, il Polo Museale di Conversano ha realizzato qualcosa che Santeramo, quale città natale, non è mai stata in grado di fare: realizzare una intera sezione museale dedicata a Francesco Netti.

Questa era la mia idea fino a quando, materialmente, non mi sono trovata al cospetto dell’allestimento.

Ecco, mettere nero su bianco quello che sto per dire non mi è facile. E infatti è qualcosa che procrastino da alcune settimane; però in coscienza sento di doverne parlare.

Vado al punto: l’allestimento è un grandissimo “no”.

Alcuna giustizia viene resa a Francesco Netti.

Quando sono entrata nella prima delle due sale a lui dedicate mi sono guardata intorno e mi sono detta che non poteva essere possibile.

Non solo Netti non viene valorizzato ma nessuna seppur minima regola di base di museografia viene rispettata.

Che cos’è la museografia? È, in estrema sintesi, la progettazione degli spazi espositivi del museo in relazione alla fruibilità da parte del pubblico.

Tutti i più recenti orientamenti museologici e museografici collocano al primo posto, nell’organizzazione degli spazi museali, l’esperienza del visitatore, il suo benessere.

Mi spiego: entrando nella prima sala, la situazione davanti alla quale ci si trova è la seguente.

 

 

Non è la foto che rende male, il contesto è esattamente questo ed era pieno giorno.

La sala è buia e, a quest’epoca dell’anno, incredibilmente calda. Totalmente inospitale. Quella che intravedete sulla destra, al buio, è una delle opere più importanti di Francesco Netti, “Le ricamatrici levantine”: è nell’ombra più totale. Non si vede bene, garantisco, nemmeno stando lì. Ne si gode molto meglio guardandola sulle pagine di un libro o cercandola su Internet. E così per tutte le altre, splendide, opere della sala.

Oltre al fatto che non si coglie la ragione della coesistenza, negli stessi identici spazi, di una mostra di abiti d’epoca. Posso comprendere il nesso temporale, abiti e opere risalgono pressappoco agli stessi anni. Ma mi sembra un po’ poco per pensare di sacrificare una collezione così preziosa come quella di Francesco Netti. Con l’attenzione rapita dai seppur bellissimi abiti e la stanza buia, Francesco Netti cade su un piano di attenzione che non è nemmeno il secondo. Ma il terzo, il quarto.

Va bene considerare il museo come lo spazio della molteplicità, va bene l’alterità, va bene la relazione degli oggetti tra loro, ma senza dimenticare la percezione d’insieme. Qui manca del tutto. Francesco Netti qui si perde.

Nella seconda delle due sale la situazione non cambia. Il contesto è ancora quello di un ambiente in cui ci sono almeno 35 gradi ed uno stuolo di manichini.

Così, il principio della “competenza” non viene rispettato: mai sommergere il visitatore di “cose” che non comprende, perché questo va oltre la sua capacità di adattamento. E se non si adatta fugge.

Può anche sentirsi “competente” in presenza di oggetti che non conosce, purché non vi sia sovraccarico.

Le didascalie, che sono un elemento più che portante in una esposizione, in qualche caso sono addirittura per terra.

 

 

In soldoni, quello che accade è che difficilmente qualcuno si piegherà sulle ginocchia fin lì per leggere e l’occasione di trasmettere qualcosa è andata perduta per sempre.

Riassumendo: non rispettato il principio di confort, non rispettato il principio di competenza; manca la luce, le didascalie non sono facilmente fruibili.

La buona notizia è che, comunque, sono problemi risolvibili con relativa facilità. Nulla di irreparabile, nulla di gravissimo.

Dunque: climatizzazione degli ambienti, consulenza illuminotecnica, separazione dei due allestimenti (tele e abiti), didascalie e pannelli snelli e facilmente fruibili.

Però il cambio di direzione va operato, subito. È veramente indispensabile rendere giustizia al grande artista e intellettuale che è stato Francesco Netti. Tanto più che quest’anno ricorre l’importante anniversario dei 190 anni dalla nascita.