Slava’s Snowshow
C’è molto entusiasmo in giro per Slava. Sì, lo sento proprio. E, in effetti, uno spettacolo così longevo, famoso e premiato non può che portare con sé gioia e grande attesa. Il “Times” ha inserito “Slava’s Snowshow” tra i classici del teatro del XX secolo.
Di Slava Polunin, la mente, il genio, io non sapevo nulla;
(mi sento così grata rispetto a me stessa e al contesto in cui vivo per avere la possibilità di entrare in contatto con tutti questi mondi sconosciuti!)
ho scoperto che è nato circa 70 anni fa in Siberia, tra fiumi e foreste incontaminate; e proprio da lì viene la sua propensione per il fantastico, per il surreale, per il sogno. A 17 anni si trasferisce a San Pietroburgo, allora Leningrado: sua madre lo vorrebbe ingegnere, lui si iscrive ad una scuola di mimo. E lì comincia la sua grande ascesa che, nel corso degli anni, lo porta a fondare la sua compagnia teatrale, a girare il mondo con i suoi spettacoli, a ottenere tanti riconoscimenti e a diventare, insomma, il più grande clown del mondo.
Ma Slava’s Snowshow di ieri sera al Petruzzelli, visto da me: be’, per prima cosa vi dico che -visto da due prospettive diverse- è due spettacoli diversi. Perché la platea vive da protagonista una fetta importante di show, i palchi invece osservano dall’alto…con un risultato secondo me molto diverso e diversamente suggestivo. Va visto, quindi, dalla platea o dai palchi? Be’, questo non saprei dirlo: probabilmente l’ideale sarebbe poter vivere entrambe le esperienze. Dal palco, la mia visuale è stata questa, al culmine.
Colore e forme.
Ma Slava’s è stato anche tanto altro. Soprattutto la prima parte. Io non sono un’esperta di questo genere di spettacoli, per cui questa è la mia personalissima lettura: un susseguirsi di scene che, apparentemente, sembravano non avere un filo conduttore. Io le ho vissute come scene oniriche, come ricordi di sogno del mattino. Come qualcosa che vivi, che vedi, ma non sai bene che cosa sia. Qualcosa che non penetri esattamente e completamente, ma che ti pervade, ti conquista; alcune scene mi hanno strappato un sorriso, altre mi hanno commossa. Soprattutto, se avrete la fortuna di vedere questo show, la scena della valigia e dell’appendiabiti: com’è bello il buio che ti avvolge in quel momento, e il silenzio intorno; è bello perché è come essere soli davanti allo spettacolo ed esserne parte. Tu e il palco.
Meraviglioso come tutto questo sia stato possibile senza una sola parola. Nemmeno una parola, solo mimo ed immenso talento.
Fino a non molto tempo fa non riuscivo a capire fino in fondo in cosa consistesse -davvero- il rapporto tra spettatore e attore a teatro. Ora, pian piano, comincio a realizzarlo. Si tratta di un piccolo miracolo che si rinnova ogni volta. Credo che questo dell’abbonamento a teatro sia uno dei regali migliori che mi sia fatta in tutta la mia vita.