La Pittura dell’Ottocento in Puglia

La Pittura dell’Ottocento in Puglia

8 Febbraio 2016 3 Di studiolobarese

Il pubblico era quello delle grandi occasioni, venerdì scorso, per la presentazione della seconda edizione de “La Pittura dell’Ottocento in Puglia”, Mario Adda Editore, alla Libreria Laterza.

Christine Farese Sperken ritorna, dopo vent’anni, sulle tracce dell’Ottocento pugliese e lo fa sulla scia di eventi che, in questi anni, hanno contribuito a restituire alle rispettive comunità la memoria di alcuni illustri figli.

Ad esempio, nel 2007 a Barletta è stata inaugurata, a Palazzo della Marra, la Pinacoteca dedicata a Giuseppe De Nittis, che contiene oltre 200 pezzi.

Sempre nel 2007, si registra il corposo arricchimento di ben 10 opere di Francesco Netti da parte del Polo museale di Conversano, ad opera di Nicola Accolti Gil Vitale, parente del pittore santermano.

Ancora, nel 2010 a Terlizzi è stata riaperta la casa-museo di Michele De Napoli.

Tutti segnali confortanti in una regione, come la Puglia, così povera di istituzioni museali che riguardano l’arte moderna e contemporanea.

L’uscita di questo libro e la contemporanea mostra presso la Pinacoteca della Città Metropolitana sui paesaggisti pugliesi mi dà l’impressione che ci sia una certa attenzione, in questo periodo, nei confronti di un dato filone artistico pugliese; per lungo tempo, infatti, ci si è limitati a considerare la pittura pugliese (ma meridionale in genere) “costola” di quella napoletana. E’ evidente che dal punto di vista artistico –ma non solo- Napoli fosse il cuore pulsante di tutta l’Italia meridionale; a Napoli aveva sede un prestigioso Istituto di Belle Arti che attirava tutti i giovani e promettenti artisti del Sud.

Tuttavia molti studi hanno dimostrato che, sul finire del XIX secolo, si avvia un processo di emancipazione della pittura pugliese rispetto a quelle delle accademie napoletane e in particolare ciò avviene nell’ambito della pittura di paesaggio. Il processo prende le mosse da personalità quali De Nittis e Netti che –pur non potendo essere definiti propriamente “paesaggisti”- sono senza dubbio dei grandi precursori.

Questi due artisti hanno il merito di “svecchiare” la pittura pugliese ma entrambi lo fanno fuori dalla Puglia.

Soprattutto nelle prime loro fasi artistiche è ancora molto evidente l’imprinting accademico partenopeo, ma successivamente, sebbene tramite percorsi diversi, entrambi giungono ad un esito simile: con un linguaggio nuovo, si cerca un’altra identità del paesaggio. Un paesaggio che si svincoli dai linguaggi accademici e che diventa quasi una nuova “questione meridionale”. Rappresentare il paesaggio è senz’altro sintomo di rinnovamento, ma in qualche modo anche di emarginazione. E’ un paesaggio che, lentamente, si trasforma da verista a impressionista. In Puglia, si apre uno squarcio sulla grande pittura europea del periodo.

Certo giungere a questi esiti non è semplice. Francesco Netti, per esempio, si forma con Domenico Morelli a Napoli, ma nei suoi viaggi in Francia conosce Gustave Courbet. Attraversa anche una fase “orientalista” dopo i suoi viaggi in Turchia, fino a tornare in Puglia, a Santeramo, dove si dedica alla rappresentazione della vita contadina con occhi completamente nuovi. Un risultato a cui nemmeno Giuseppe De Nittis giungerà mai. Non dimentichiamo che Francesco Netti fu anche fotografo, critico d’arte e scrittore; insomma, una figura d’intellettuale a tutto tondo che è raro trovare nell’Italia meridionale del tardo Ottocento.

Il libro della professoressa Sperken, poi, approfondisce gli studi su altri grandi pittori pugliesi del periodo; Gioacchino Toma, ad esempio, che cerca di superare il dualismo tra pittura verista e pittura romantica (sempre risultato della formazione napoletana).

Oppure Raffaele Armenise, che riedita la sua pittura realista in una forma nuova.

Viene fuori, insomma, una immagine diversa dell’arte italiana del periodo. Ogni regione stava tracciando la propria strada; è il momento del “Paesaggismo” in tutta Italia, e anche in tutta Europa. Un momento florido, ad esempio, lo attraversa anche la Toscana: è la grande stagione dei Macchiaioli.

Un’altra importante finestra, in questo libro, è quella dedicata alle donne, a Francesca Forleo Brajda, a Maria Rachele Lillo, ad Anna Rolli, a Maria Mundo. Queste figure femminili stanno solo negli ultimi anni abbandonando l’oblio nel quale erano state relegate, grazie anche agli studi di Christine Farese Sperken.

Il libro è molto bello; ricchissimo di immagini e di informazioni. Oltre che di grandi lezioni di storia dell’arte. Un piccolo gioiello che dovrebbe essere nelle biblioteche di tutti i pugliesi. Gli artisti che abbiamo dimenticato sono tanti e aspettano solo essere riscoperti. Per quanto mi riguarda, un legame speciale mi porta a soffermarmi sempre maggiormente su Francesco Netti ma il panorama è davvero vastissimo.

So che c’è un entourage di giovani storici dell’arte che sta proseguendo gli studi di Christine Farese Sperken e spero di leggerne gli esiti al più presto.

Intanto io mi complimento con la professoressa per il grande lavoro svolto per questo libro e invito tutti anche solo a sfogliarlo. Nutrirsi d’arte è sicuramente un buon viatico per la felicità 🙂