Il museo diffuso

Il museo diffuso

11 Aprile 2021 0 Di studiolobarese

Una forma di tutela e valorizzazione di relativamente recente introduzione è quella del Museo Diffuso. E, nella sua forma virtuale, è certamente uno dei presidi culturali che può sostenere il settore in un periodo come quello del lockdown.

Ma partiamo dal principio. Il concetto di “Museo Diffuso” fu introdotto dall’architetto Fredi Drugman negli anni ‘70 e si riferisce al rapporto di compenetrazione che dovrebbe instaurarsi tra patrimonio museale e territorio, ma anche tra museo e abitanti. Un museo diffuso è un museo che esce da un luogo chiuso per riappropriarsi del territorio circostante, per evidenziarne il capitale intangibile; è un museo che moltiplica se stesso sul territorio, che si articola in più strutture e che, di conseguenza, sviluppa diverse progettualità. Queste progettualità, se ben pensate e connesse, possono dare vita ad un distretto culturale evoluto. Perché il museo fa proprio questo: crea relazioni, legami autentici.

La stessa teorizzazione, e poi applicazione pratica, di Drugman parte dall’idea di museo come luogo accessibile a tutti, luogo di scienza, di dibattito sociale e parte attiva nella vita della città.

Nella sua versione “classica”, il museo diffuso sviluppa il suo percorso di visita in un’area geografica definita: area che può essere una porzione di città, un’intera città, un territorio extraurbano, una Regione. E qui crea uno o più itinerari per offrirli sia a coloro cui quel territorio appartiene, per renderli ancora più partecipi, sia a coloro che per provenienza (o perché no, per età), hanno scarsa dimestichezza col territorio in questione. Una chiesa, un palazzo, una collina, un lago possono diventare punti di partenza del racconto di una Storia poco nota ma che può ricollegarsi alla grande Storia raccontata nei libri. Un museo diffuso può diventare vettore di conoscenza di luoghi poco noti.

In Italia attualmente ce ne sono alcuni validi esempi: molto interessante, ad esempio, è il Museo Diffuso Torino che, in venti tappe, racconta storie di Resistenza, Deportazione, Guerra, Diritti e Libertà. Insomma racconta un periodo, quello compreso tra 1943 e 1945, che normalmente trova poco spazio nei musei di Storia. Le 20 tappe del museo sono dei luoghi che l’evoluzione urbana ha modificato negli anni ma che sono tasselli importanti per ricostruire la storia di quel periodo. Sono frammenti che, ricostruiti e fatti confluire in un concetto di museo, riportano alla luce i fatti di cui sono stati testimoni.

Immaginiamo, ora, le possibilità che potrebbe offrire, specialmente in questo momento storico, un museo diffuso virtuale. Uno strumento del genere consentirebbe ad un pubblico potenzialmente amplissimo di visitare luoghi e scoprire personaggi.

Ogni vostra considerazione ed ogni vostro apporto sono sempre enormemente graditi, qui o in privato. A presto!